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Barbara Schiavulli a Monza per Novaluna
Giuseppe Pizzi


Barbara Schiavulli
Barbara Schiavulli

Giovedì scorso era Barbara Schiavulli l'oratore invitato all'incontro di Novaluna al Binario 7 (una rimpatriata per lei che ha vissuto e studiato a Monza). Non ha avuto difficoltà ad accompagnarci, come recita la locandina dell'evento, verso il “più caldo dei confini di guerra”, l'Afganistan del dopo elezioni.

Barbara è una reporter nel senso vero del termine. Va dove la situazione chiede di andare, vede quel che c'è da vedere e riporta ciò che vede, così come lo vede. Le sue destinazioni d'elezione sono le zone che da decenni stanno al centro dell'attenzione mondiale, la Palestina, il Libano, l'Iraq, l'Iran, l'Afganistan, il Pakistan. Le sue corrispondenze, come le sue parole l'altra sera, non pretendono di interpretare né di spiegare, intendono descrivere. Sono lunghi, appassionanti racconti di fatti, luoghi, personaggi, interviste, storie, città devastate e paesaggi incontaminati, uomini armati e donne velate, bambini che crescono sorridenti in mezzo alle guerre, nati da genitori che a loro volta non hanno mai saputo che cosa sia la pace. Un mondo di aspri conflitti militari, sovente più d'uno nello stesso posto e nello stesso momento, come pure di sconvolgenti scontri culturali, testimoniati da una lunga carrellata di immagini fotografiche, che Barbara ha (volutamente?) commentato in sequenza disordinata, lei stessa talvolta chiedendosi se una figura o uno scorcio si riferissero a Bagdad, o a Gaza o a Kabul, quasi a suggerire che si tratti di settori diversi di un unico teatro di guerra.

In agosto di quest'anno l'Afganistan ha vissuto la seconda esperienza elettorale della sua storia. Con diciassette milioni di elettori, nelle urne si sono contate cinque milioni di schede, di cui un milione e trecentomila truccate. Finora, è tutto qui il risultato del colossale dispiegamento di forze occidentali per l'introduzione della democrazia nell'avamposto afgano. Si sarebbe dovuto tenere un ballottaggio chiarificatore, il pashtun Karzai contro il tagiko Abdullah, ma già Barbara durante l'incontro di Monza aveva espresso il suo scetticismo in proposito. Pur se sul piede di partenza per Kabul, dove aveva in programma non solo di assistere, ma addirittura di partecipare al voto (come non ce l'ha detto), si era tuttavia sbilanciata nella previsione che gli americani non lo avrebbero consentito e avrebbero pilotato un accordo preventivo fra i due contendenti. Le notizie di oggi confermano che Barbara aveva visto giusto, Abdullah si è ritirato e il ballottaggio è saltato (e Barbara non potrà prendervi parte). Al riconfermato Karzai, rimasto unico candidato, sono arrivate le congratulazioni di Ban Ki–moon, il segretario delle Nazioni Unite.

Ma dal quadro che ce ne fatto la nostra illustre reporter, le congratulazioni mal si addicono alla situazione afgana. La gran parte del paese è sotto il controllo dei talebani, la sicurezza è sempre più precaria, la produzione dell'oppio e il suo commercio prosperano, la corruzione impera, i bambini ogni giorno cadono vittime delle mine disseminate sul territorio, il potere degli uomini sulle donne degrada spesso in maltrattamento e violenza. Le forze della Nato presidiano Kabul e poco altro, i tentativi di strutturare una parvenza di stato moderno si infrangono contro la mentalità tribale della popolazione. Si fa presto a parlare di educazione al senso dello stato, ma poi perfino i soldati, quando arriva il tempo del raccolto, piantano tutto, stipendio mensile di 50 dollari compreso, per tornare al villaggio a dare una mano.

Molte le domande da parte del pubblico. E' una missione di pace o una guerra d'occupazione? Si può esportare la democrazia? Che cosa sono i kamikaze, terroristi o martiri? Bin Laden, che fine ha fatto? I nostri soldati, che ruolo hanno? E la popolazione, con chi sta, con noi o con i talebani? Che cosa succederebbe se la Nato se ne andasse? Barbara ha risposto con le informazioni e i dati di cui era a conoscenza, senza spingersi oltre. Quando è arrivata la domanda cruciale, quella su cui si è chiusa la serata - come andrà a finire?- la risposta di Barbara è stata lapidaria - dovreste chiederlo agli strateghi di Obama, che vengono generosamente retribuiti proprio per questo.

Giuseppe Pizzi

Barbara Schiavulli
"in giro a raccontare storie" Baghdad Palestine Hotel, Afghanistan, Libano, Pakistan ambasciata dei talebani

Le conferenze del ciclo LINEE DI CONFINE:

Immigrati: seconda generazione – Paolo Branca – giovedì 15 ottobre 2009
– L'Afganistan dopo le elezioni – Barbara Schiavulli – giovedì 29 ottobre 2009
– Confini geopolitici della ricerca scientifica – Pietro Greco – giovedì 12 novembre 2009
– Testimonianze dal confine orientale – Boris Pahor – giovedì 26 novembre 2009


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  2 novembre 2009